Manca

S
0
0
g
0
0
h
0
0
m
0
0
s
0
0

al prossimo turno

PRO PATRIA

PRO PATRIA

  • Classifica
  • Mantova 80
    Padova 77
    L.R. Vicenza 71
    Triestina 64
    Atalanta U23 59
    Legnago Salus 56
    Giana Erminio 53
    Lumezzane 53
    Pro Vercelli 53
    Trento 51
    Virtus Verona 47
    PRO PATRIA 46
    AlbinoLeffe 45
    Pergolettese 45
    Renate 45
    ArzignanoChiampo 44
    Novara 43
    Fiorenzuola 38
    Pro Sesto 35
    Alessandria (-3) 19

NEWS

ALMANACCO BIANCOBLU'

 
Hône (Ao), 17 gennaio 1928
Novara, 28 marzo 2014 
 
Lelio “Lello” Antoniotti, una delle leggende biancoblù.
“Il Lello”, è stato il giocatore che ha scaldato più di tutti il cuore dei tifosi della Pro Patria, non solo nell'immediato secondo dopoguerra, ma di tutta la storia tigrotta. Il suo modo di giocare era entusiasmante: sicurezza nei fondamentali, un'abilità e un controllo palla fuori dal comune per quei tempi, continui scatti, cambi di velocità e di direzione, senso del goal, assist per i compagni, mandando in sollucchero i tifosi dei tigrotti e non solo.
Un talento innato e cristallino, è stato uno dei giocatori più pregiati dopoguerra, ma frenato dalla sfortuna tra gli anni 40 e 50. Molto ammirato da Peppino Meazza che l'aveva allenato in biancoblù, ma anche da Valentino Mazzola, che ne vedeva un allievo ed eventuale sostituto. 
 
Nato a Hône, in altre è indicato invece come comune di nascita, il confinante Bard. Attaccante in grado di svariare su tutto il fronte, non dotatissimo fisicamente, all'apparenza fragile ma in possesso di un'ottima tecnica unita a un grandissimo dribbling, addomesticava la palla con naturalezza, controllava i rimbalzi, imponeva diaboliche traiettorie.
Più che centravanti vero e proprio, il suo ruolo naturale era quello d'interno destro; dagli spalti si aveva l’impressione che avesse la palla incollata al piede, tanta era la sua facilità nel saltare gli avversari unita all’estrema eleganza dei movimenti.
Un attaccante nato ma atipico, non avendo un fisico robusto ma grazie alla sua concezione del gioco basata sulla tecnica, l'intelligenza e la velocità, sapeva anche vedere lo sviluppo delle azioni, facendo funzionare l'intero settore d'attacco come un vero e proprio regista avanzato. Come accostamento ad un giocatore moderno senz'altro il più vicino è Roberto Baggio.
Da Hône durante il periodo della guerra, la famiglia Antoniotti si sposta a Novara, dove Lello inizia a giocare nei Salesiani nella formazione giovanile della Voluntas, per passare poi allo Sparta. Qui lo scova e lo preleva la Pro Patria, che lo ingaggia per la stagione 1946-47, in Serie B. Nonostante il fisico esile, metteva in mostra dribbling ubriacanti, invenzioni incredibili tanto da convincere l’allenatore Rigotti a promuoverlo titolare già alla 7^ giornata il novembre 1946 (Viareggio - Pro Patria 2-3, in una gara in cui per i bianconeri va a segno Bertolucci; tigrotto nel campionato successivo), e confermarlo per il resto del campionato. Il 17 novembre segna il suo primo gol in biancoblu, in Pro Patria - Varese 5-3, andando 
a bersaglio con una doppietta, con marcature al 38' e 47'. 
E' un esordio folgorante, a diciotto anni mette a segno ben 20 reti, sulle  84 totali dei tigrotti, trascinando la squadra alla promozione in Serie A, mostrando le doti del potenziale campione e gli interessi delle maggiori squadre. Fa il suo esordio nella massima serie a diciannove anni, il 28 settembre 1947, in Pro Patria - Sampdoria 1-0, valevole per la terza giornata.
Il 5 ottobre nella vittoria per 1-0 sulla Fiorentina, segna il suo primo gol nel massimo campionato. 
Domenica 4 luglio 1948, Antoniotti segna l'ultima rete, in quella che è una delle più prestigiose vittorie esterne della storia biancoblu. I tigrotti andarono a vincere in casa della Juventus per 4-0, con la marcatura di Pozzi, la doppietta di Turconi e gol del Lello a chiudere al 60'.  
Alla fine della stagione saranno undici le sue reti, su 33 gare, con la Pro che termina all'ottavo posto in Serie A. Nel periodo è considerato tra i migliori attaccanti italiani, è il giocatore che in prospettiva suscitava i maggiori entusiasmi. Diventando uno dei giocatori più apprezzati da stampa, critica e pubblico, ma anche dei difensori avversari che non andavano certo per il sottile con Antoniotti. Falli e fallacci erano il prezzo da pagare ad ogni gara per la sua classe. In sua difesa arrivava spesso Turconi, che ripagava gli avversari con la stessa moneta.
 
Febbraio 1947, il Presidente Formenti e Antoniotti
 
L'annata 1948-49, inizia benissimo, andando a bersaglio 8 volte in 14 gare, tra cui una tripletta alla Sampdoria. La stagione però gli riserverà un'amara sopresa, venendo colpito da una grave forma di pleurite. 
Alla 14^ giornata, arrivò improvviso il problema che avrebbe lasciato il segno nella sua carriera di atleta. Per ridurre le spese di trasferimento, le squadre del Nord erano solite giocare due partite consecutive nel centrosud, senza rientro intermedio. Dopo la splendida vittoria per 5-2 a Roma contro la Lazio in rimonta e con Antonio Azzimonti costretto in campo con il braccio al collo, la Pro era impegnata tre giorni dopo (mercoledì 8 dicembre 1948) a Palermo. Lello si sentiva molto debole e aveva un po' di febbre, ma, anche perché la squadra viaggiava senza medico, la società decise di schierarlo per sostituire un infortunato dell'ultimo momento.
Il suo problema alle vie respiratorie, evidentemente già serio, si trasformò in una pleurite, per la quale fu per qualche giorno in coma. La sua ripresa fu molto lunga e faticosa. Fu mandato in riviera a riprendere gradualmente la condizione atletica.
Per quel campionato non tornò più in campo, saltò quasi totalmente la stagione successiva, nella quale scese in campo solo in quattro occasioni, mettendo comunque a segno una rete spettacolare, in Pro Patria-Fiorentina 3-0 del 28 maggio 1950, considerata una delle più belle del campionato. Al 75' minuto Antoniotti, ricevette palla su rimessa laterale da Martini, poi partì in dribbling superando in ordine Rosetta, Cervato, Magli, Chiappella ed in uscita il portiere viola Costagliola, depositando la palla nel sacco, tra il delirio dei tifosi biancoblu.
 
28 maggio 1950, la rete di Antoniotti alla Fiorentina
 
Precampionato 1950-51, Lakenberg e Antoniotti, Per la foto si ringrazia il Sig. Stefano Colombo e la Famiglia Borra
 
Antoniotti infortunato dopo un fallo, soccorso da Meazza e Gasparino, in Lazio - Pro Patria del 24 settembre 1950. Per la foto si ringrazia il Sig. Stefano Colombo e la Famiglia Borra
 
 
Dopo il grave problema fisico il Lello, non fu più lo stesso calciatore, cambiò anche il modo di giocare. Persa in parte la sua esplosività, continuò a dispensare perle tecniche, diventando via via sempre meno "punta", acquisendo in compenso la capacità di interpretare le partite con straordinaria intelligenza tattica, diventando un numero 10 a tutti gli effetti.
Tornato titolare fisso solo nel 1950-51, con una pausa invernale nel mese di gennaio a Sanremo, per trovare un clima più mite. In 32 presenze mise a segno sei reti, con la squadra che terminò al decimo posto. Fu quella la sua ultima annata a Busto Arsizio, chiudendo la sua esperienza con 119 presenze e 48 reti (in Serie A, rispettivamente 84 e 26). Disputa la sua ultima gara in biancoblu il 10 giugno 1951, in Pro Patria - Como 1-0.
Al termine della stagione, venne ceduto alla Lazio, dove colleziona 53 presenze e 10 reti in due annate. 29 gare e sei gol nella prima, 24 e 4 nella seconda, fermato ancora dai postumi della malattia.
In seguito veste la maglia di Torino per tre stagioni dal 1953 al 56, realizzando così uno dei suoi sogni giovanili. Con i granata scende in campo 78 volte, realizzando 13 reti, giocando con i tigrotti Paolo Marcora e Quinto Bertoloni, oltre a Enzo Bearzot. 
Passando poi sull'altra sponda del Po, giocando nella Juventus per una stagione, quella datata 1956-57, che chiude con 18 presenze e due reti, bucando le difese di Sampdoria e Udinese. Formando un attacco da pesi piuma con lo svedese Kurt Hamrin, trovando Boniperti come capitano.
Vestì poi il biancorosso del Vicenza in Serie A, scendendo in campo 16 volte, realizzando una rete. Per chiudere a Novara nel 1958-59 in Serie B, con 7 presenze. Al termine della carriera conta 249 presenze e 52 reti in Serie A, 41 presenze e 22 reti in Serie B. Venne convocato inoltre con la nazionale giovanile per i Giochi del Mediterraneo e alcune partite con la nazionale B, quella che comprendeva i migliori giocatori, che non trovavano momentaneamente spazio nella nazionale maggiore. Per la massima rappresentativa nazionale fu convocato, ma non scese mai in campo: ma l'avrebbe sicuramente meritato.
 
Smessi gli scarpini da gioco a soli 30 anni, entrò subito nell'ambito della FIGC, come tecnico Federale nei primi anni 60 ed è stato allenatore della Nazionale Dilettanti. per un paio di anni (62/63)
Si è dedicato ai NAGC (addestramento giovani calciatori)  e selezioni giovanili anche con Silvio Piola, e selezioni dei giovani della Serie C. Insegnava tecnica e tattica, nel ruolo di "maestro di tecnica calcistica", ai corsi allenatori di vario livello. Italo Allodi arrivato in Federazione a meta' delgi anni 70, lo nomina capo istruttore con l'inizio dei super corsi per allenatori a Coverciano, facendo parte degli esaminatori.
Entra nelle commissioni tecniche della FIFA, fa parte della commissione tecnica che analizza il gioco per alcune edizione dei mondiali (tra cui Spagna 82 e Cile 85 giovanile). Va in pensione nei primi anni 90, stabilendosi a Novara. Si è spento il 28 marzo 2014 all'età di 86 anni.
 
 
                    
                                                                        Tre figurine di edizioni e anni diversi di Antoniotti 
 
Figurina Lavazza 1950
                                                                                                           
1 ottobre 1950, Pro Patria - Atalanta 2-0. Per la foto si ringrazia il Sig. Stefano Colombo e la Famiglia Borra
 

Antoniotti, accosciato, secondo da sinistra, nella Pro Patria 1950-51

 

Piola e Antoniotti, all'esterno degli spogliatoi a Busto

 

28 gennaio 1951, Pro Patria - Lucchese 2-2. Per la foto si ringrazia il Sig. Stefano Colombo e la Famiglia Borra

 

4 febbraio 1951, Pro Patria - Lazio 1-0. Per la foto si ringrazia il Sig. Stefano Colombo e la Famiglia Borra

 

3 marzo 1951, Lello Antoniotti al 38' realizza il primo gol al Novara. Per la foto si ringrazia il Sig. Stefano Colombo e la Famiglia Borra

 

Un "classico", Antoniotti tartassato dagli avversari e Gasaprino corre in soccorso

 

10 settembre 1950, anche i difensori della Juventus non ci andavano leggeri.


Antoniotti alla firma per la Lazio con il presidente Zenobi

 

Antoniotti al Torino con Bearzot

 

Si sente dire di Lelio Antoniotti che è il solo giocatore attuale che rappresenti una buona imitazione di Peppino Meazza. Se per un verso questo raffronto è positivo tornando a vantaggio di Antoniotti, per un altro verso il raffronto è limitativo, per non dire negativo, perché sottrae ad Antoniotti una parte della sua originalità d’artista del gioco in quanto imitatore di un atleta ritenuto dagli esperti inimitabile, appunto il «balilla».

L’errore è di impostazione. L’originalità non consiste, a nostro parere, nel «non imitare» ma nel «non farsi imitare». Veniamo al caso nostro. Se è vero che Antoniotti è nella corrente stilistica che ha avuto in Meazza il massimo e insuperato esponente, è altrettanto vero che ben pochi sono i giocatori dei tempi nostri che sappiano modellare il gioco alla maniera del centravanti del novarese Sparta, già personaggio dei palcoscenici verdi all’età di diciott’anni allorché la sorte lo provvide degli unghioli del «tigrotto» bustese, lui che di felino aveva soltanto l’elasticità e la snellezza.
Il suo curricolo di carriera elenca una serie cospicua di squadre alle quali ha dato il suo nome e i suoi servigi: Pro Patria. Lazio, Torino, Juventus. C’è da credere che Antoniotti abbia nel sangue l’inclinazione al nomadismo. Per quanto lo conosco, ciò non rientra nel suo temperamento. Lo provano i cinque anni da lui trascorsi nella maglia cerchiata della Pro Patria.
La verità è forse diversa. Forse i passaggi di Antoniotti da una squadra all’altra, specie negli ultimi anni, si spiegano con la necessità di determinati allenatori di dotare i reparti di quell’accento dì gioco che un tipo alla Antoniotti possiede pressoché in esclusiva: il gioco intelligente.
La natura si è fermata al m. 1,68 quando l’ha stirato in altezza. La natura non ha impiegato più di 60 chilogrammi quando l’ha messo sulla bilancia. Ha plasmato in lui un «leggero» dei rettangoli del calcio. Ne ha poi ravvivato le membra e l’estro con quello «spirito della leggerezza» che è la spiccata prerogativa del suo stile di calciatore, e diciamo pure il suo punto di debolezza, almeno all’occhio e alla scarpa dei suoi meno complimentosi avversari.
Il giocatore leggero, ma fornito di tutti i numeri della tecnica raffinata, è un giocatore segnato a dito dagli atleti di rottura che montano la guardia alle zone proibite del campo. Per cavarsela, egli è costretto a giocare d’astuzia, là dove la forza non giova. Tutta la carriera di Antoniotti è idealmente condensata in una specie di manuale dell’astuzia: l’astuzia indispensabile per mantenere elevato lo standard del rendimento sui campi moderni dove, agente provocatore il catenaccio (o qualcosa di simile, è sempre più ridotto e periglioso il margine concesso alle manovre degli attaccanti leggeri.
Visto sotto altro profilo, il gioco di Antoniotti è tutto ciò che resta e resiste, nel segno del «metodo», all’ondata vittoriosa delle nuove tattiche e delle nuove esperienze calcistiche. Si può parlar di lui come dell’ultimo dei Moicani in tema di fedeltà alle vecchie formule. Ciò non significa che Antoniotti sia giocatore negato al «sistema» e perciò isolato, disorientato ed estraneo alle imperiose concezioni del calcio moderno. Il suo inserimento nel gioco a sistema è perspicuo, ma indiretto. Antoniotti accetta il gioco moderno, e, tuttavia, non appena l’occasione propizia gli fa l’occhiolino, agilmente ne esce fuori per abbandonarsi all’invito seducente della palla antica, della palla, per tornare all’inizio del nostro profilo, che ebbe in Meazza il suo interprete geniale.
Il ritorno di Antoniotti alle cifre e alle sequenze del gioco a metodo è palese nella sua arte della serpentina, nella sua attitudine a inventare l’azione inaspettata, nei suoi guizzi che sfiorano l’erba del prato, nel suo stesso modo di filtrare attraverso i reticolati delle munite difese avversarie.
Un altro elemento che concorre a fissare la personalità di Lelio – un nome goldoniano, guarda un po’, che suggerisce l’idea della galanteria e della finezza, non senza un alito di svaporatezza – può essere riscontrato nel rapporto tra la sua età e la sua notorietà.
Antoniotti è meno vecchio di quanto sia famoso. È d’un paio d’anni sotto la trentina, e nello stesso tempo è un «classico» del repertorio sportivo. La diffusione del suo nome nei testi del gioco è cominciata presto, prestissimo, e ciò non può essere spiegato se non alla luce nitida della sua bravura e della stessa immediatezza onde il suo nome è divenuto il simbolo di un particolare gergo del gioco. Fin da quando, non ancora ventenne, si imbrogliava e si sbrogliava dalle misure del pugnace gioco bustese – così poco rispondente alle sue attitudini naturali – Antoniotti era visto e ammirato alla guisa di un Mowgli, il famoso fanciullino di Kipling che era capitato nel branco dei lupi, nel profondo della giungla, e ne era divenuto, a un tempo, l’idolo e il capo. Calatelo ora nella tana dei tigrotti, e vedrete che il paragone, alla sua maniera spensierata, calza.
Ma anche là, in casa bustese, il suo gioco non si è corrotto al morso della partita di combattimento. Anche nel calcio si diventa ciò che si è, pertanto la maturazione atletica di Lelio, nel senso rigorosamente tecnico delle sue prestazioni, ha potuto svilupparsi nei cinque anni della sua appartenenza alla Pro Patria, nonostante il diverso linguaggio che lui e la sua squadra parlavano. Infine non si deve escludere a priori che proprio nella squadra lombarda, sempre alle prese con gli spettri della retrocessione, Antoniotti abbia acquistato quella punta di mordente che oggi gli permette di battersi, senza battersela, contro avversari di lui più massicci e spericolati.
La fedina calcistica di Antoniotti è pulita. Il suo gioco ha nella correttezza e nella cavalleria i suoi specchi. Ciò lo onora in tempo, come i nostri, di fedine sporche.
 
Bruno Roghi, da “Il Calcio e il Ciclismo illustrato" del 22 novembre 1956
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

← archivio news