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PRO PATRIA

PRO PATRIA

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NEWS

ALMANACCO BIANCOBLU'

 
 

Una giornata che segnerà la storia della Pro, quella di giovedì 20 marzo 1958. Pietro, per tutti Piero Magni nel giorno del suo trentanovesimo compleanno, diventa allenatore della Pro in Serie C, con i biancoblù in difficoltà dopo la repentina discesa dalla Serie A alla terza serie, nel giro di due stagioni.
La Pro in quell'annata, in una Serie C a girone unico, senza retrocessioni, è una squadra giovanissima, imperniata in difesa su Amadeo (24 anni) e Taglioretti (22), affidata inizialmente a Cesare Pellegatta come DT e Beniamino Jo Santos come allenatore.
La domenica precedente i tigrotti erano stati sconfitti in casa dalla Pro Vercelli per 2-1, piombando così in una crisi profonda, anche se in un campionato che non prevedeva retrocessioni e particolari assilli. L'esordio di Magni arriva il 30 marzo per la 26^ giornata e non è di quelli memorabili con la sconfitta esterna in Sardegna contro la Carbosarda (Carbonia), a cui fa seguito la vittoria interna per 2-0 con la Cremonese. Un prosieguo di stagione con rovesci anche pesanti in trasferta, 7-2 a Catanzaro, in casa 5-2 ad opera della Sarom Ravenna, sconfitta casalinga per 3-2, con la Salernitana e quella con il Siena. Il primo ruolino di Magni in panchina non è dei più esaltanti, in 9 gare in panchina sono solo 2 le vittorie, un pareggio e sei sconfitte. I tigrotti chiuderanno al quart'ultimo posto con 29 punti.
Nella stagione successiva, Magni getterà però le basi per il ritorno in Serie B, provando e lanciando tanti giovani tutti della zona, con la Pro che chiuse a centro classifica.
Nel campionato 1959-60, al termine di una stagione esaltante per il gioco espresso e per l'entusiasmo ritrovato sugli spalti, riporta i tigrotti nella serie cadetta, con una squadra senza picchi tecnici ma di carattere, generosa, compatta, tenace, combattiva, formata da tutti giocatori bustocchi e dei dintorni. Vince il campionato poggiando su un collaudatissimo impianto comprendente molti giocatori che ne avevano accompagnato la repentina discesa dalla Serie A alla Serie C e che diventano protagonisti della risalita in B, Provasi, Amadeo, Taglioretti, Zagano, Mario Colombo, Maltinti, Natale Borsani e i due Calloni. Il ruolino di marcia vede 34 gare, 19 vinte, 10 pareggiate e 5 perse.
Nella stagione 1960-61, con lo stesso gruppo più Lello Crespi e il suo gioco innovativo si piazza al settimo posto in Serie B, trascinati dalle reti di Enrico Muzzio. Al termine dal campionato 1961-62, sfiora di pochissimo il clamoroso ritorno in Serie A, sempre con lo stesso gruppo di giocatori delle annate precedenti. La mancata promozione con le relative polemiche furenti, sul fatto che nelle ultime giornate la società non volesse salire nella massima serie per i troppi costi da affrontare, crea una frattura tra il tecnico e l'ambiente. Magni passa così all'ambizioso Bari, portandolo subito alla conquista della Serie A.
La partenza di Magni dalla Pro Patria, portò anche al mancato arrivo di un giovanissimo Gigi Riva, che venne segnalato proprio all'allenatore di Bobbiate da conoscenti di Laveno, fu indirizzato poi nella città del Carroccio. 
Lascerà la Pro dopo 159 panchine in campionato, con un referto di 62 vinte, 48 pareggiate e 49 sconfitte e una promozione in Serie B. Più 5 in gare di Coppa Italia e due nella Coppa delle Alpi, unico trofeo internazionale disputato sino ad ora dai biancoblù, per un totale di 166 volte alla guida tecnica dei tigrotti.  
 
La rosa della Pro Patria 1959-60, promossa in Serie B, Piero Magni ultimo a destra in piedi 

Pro Patria 1961-62, Magni primo in alto a sinistra

Nato il 20 marzo 1919, a Bobbiate oggi quartiere di Varese, Magni è un'istituzione, non solo nel mondo Pro Patria, ma per tutto il calcio italiano e mondiale. E' stato il gioco totale, prima ancora che questo venisse inventato dall'Ajax di Crujff e dall'arancia meccanica della nazionale olandese di Rinus Michels, con calciatori interscambiabili nelle posizioni, pressing a tutto campo, gioco di squadra e passaggi brevi. 

E' ricordato come il "jolly", perchè ancora oggi è l'unico giocatore al mondo ad avere ricoperto ogni ruolo del calcio, avendo indossato almeno una volta tutte le maglie della squadra nel corso di partite ufficiali, quando i numeri apposti indicavano anche un ruolo preciso non solo una cifra. Tra i tanti aneddoti che lo riguardano uno su tutti. Prima di partire per il Mundial di Spagna, chiesero a Bearzot se la rosa fosse a posto, rispose: ”Mi manca solo uno come Magni.” 
E pensare che nella sua vita c'era altro, veniva da una famiglia di costruttori edili e voleva diventare un ciclista, come il suo idolo Alfredo Binda da Cittiglio, pluricampione del mondo. Fu proprio un furto della sua bicicletta a cambiarne l'indirizzo sportivo, lasciò la società ciclista Edera per buttarsi nel pallone.
Dopo tre stagioni in Serie C con il Varese, dove si mise in luce come uno degli attaccanti più promettenti del calcio italiano, nel 1940 approdò al Liguria (Sampierdarenese futura Sampdoria) in Serie B, conquistando subito la promozione nel massimo campionato, giocando da interno sinistro o attaccante. Fece il suo esordio in Serie A il 26 ottobre 1941 a ventidue anni, in Torino-Liguria (3-2), indossando la maglia numero 8, nella stessa gara si infortuna. Ritorna in campo un mese dopo, contro il Modena, vestendo la numero 9 e segna. Gioca due stagioni con il Liguria per un totale di 45 presenze e 14 reti. Passa alla Juventus, anche se inizialmente doveva andare al Grande Torino, dove invece approda il suo grande amico e varesino come lui Franco Ossola; c'era già l'accordo fatto quando all’ultimo le due società si scambiarono i contratti. 
 
In bianconero approda in piena guerra, per il campionato 1942-43, giocando con Giuseppe Meazza. Nel primo campionato con la Juventus all’undicesima giornata, per la prima e unica volta finisce in porta. E' domenica 13 dicembre 1942, trasferta in casa della Triestina, manca il portiere titolare Sentimenti IV, che non ha ottenuto il permesso essendo sotto le armi, mentre la riserva Perucchetti, non avvisato è rimasto a casa. Così in porta ci va lui Piero Magni, che passa la mattina a cercare un maglione da portiere, berretto, guanti e ginocchiere, per una gara che finirà 1-1.  Il 7 marzo 1943 in Juventus-Bari 5-0, gioca con il numero dieci. La numero 4 la indossa contro il Modena, stagione 45-46, la 7 il 18 novembre a San Siro contro l’Inter (2-2). mentre la  2, che voleva dire anche terzino destro alla ventiseiesima il 14 aprile 1946 a Vicenza (2-1). Nell’ultima stagione da bianconero, nel suo spostarsi di ruolo in ruolo, impiegato come mediano sinistro, indossa la numero 6, all'undicesima giornata l'8 dicembre 1946 in Bologna-Juventus 0-0. La numero 3, andando a ricoprire il ruolo di terzino sinistro nel derby contro il Torino, valevole per la ventiquattresima, il 16 marzo 1947, con vittoria granata. Per la stagione 1948-49, dopo 106 presenze e 27 reti in bianconero, passa alla Lucchese, giocando in ogni reparto.
Per il campionato successivo è invece al Genoa, dove indossa anche l'ultima maglia che gli mancava a completare la particolare collezione, la numero 5, quella che indicava lo stopper. Accade alla 27 giornata della stagione 1949-50, il 26 febbraio 1950, per Juventus-Genoa (6-1). L’avversario diretto di Magni quel giorno era il suo carissimo amico Gianpiero Boniperti che riuscì a segnare soltanto quando Piero, dopo il terzo gol aveva cambiato posto, dando l’incarico di controllare la bandiera bianconera a Castelli. Le ultime tappe della sua carriera da calciatore sono Lecce, Pavia, Cesena per chiudere a Varese nel 1955.
Diversa quella di allenatore che inizia a Lecce, poi Martina Franca, Cesena a seguire il quadriennio alla Pro, quindi Bari, a Lugano con la conquista della promozione nella massima divisione e una Coppa Rappan, Pavia dove vince un campionato di Serie D, Varese e Salernitana.
A Varese viene chiamato da Mr. Ignis Giovanni Borghi, nella stagione 1965-66, per evitare la retrocessione in Serie B, non riesce nell'impresa, ma rimane alla guida dei biancorossi anche nella stagione successiva, centrando ancora il ritorno in Serie A, lanciando tantissimi giovani tra questi Anastasi e Sogliano.  Diventando poi dirigente e uomo di fiducia di Borghi. 
Piero Magni era un personaggio anche fuori dal rettangolo di gioco, un sanguigno, estroverso molto attento al modo di vestire e di comportarsi in pubblico. Nel suo periodo a Torino, aveva fatto il commesso in una boutique, per poi aprire un negozio di articoli sportivi con Carlo Parola. Ci teneva ad essere sempre elegante.
L’avvocato Agnelli diceva che Magni era così attento al look, che durante l’intervallo si cambiava sempre i pantaloncini perché si sporcavano.
Legatissimo a Franco Ossola, fu lui a dire alla famiglia della tragedia di Superga. Così come a Giampiero Boniperti, con cui vedeva sempre le partite insieme. Amico di Fausto Coppi e Fiorenzo Magni, ma anche di Tognazzi, comparve in un film "11 uomini e un pallone del 1948". Si spense improvvisamente a 73 anni, nella notte tra il 23 e 24 luglio 1992 a Bobbiate.
 
Lello Crespi in primo piano, Piero Magni alle spalle, raggianti dopo una vittoria esterna
 
10 dicembre 1961, la Pro vince in casa della Lazio per 2-0, Piero Magni al centro abbracciato ai suoi ragazzi festanti e soddisfatti - Per l'immagine si ringrazia il sito Laziowiki.org
 
 
Piero Magni negli anni 70' allo stadio di Busto Arsizio
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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