Sede
via Leone Pancaldo, 68, 37138 Verona
Stadio
"Marc'Antonio Bentegodi", Piazzale
Olimpia, 37138 Verona. Dimensioni (105 x 68) - Capienza
39.211
Verona 262.500
abitanti - totale provincia di Verona 838.000
Abbonati
9.635
Amministratore
unico: Conte
Pietro Arvedi D'Emili
Direttore
sportivo:
Riccardo Prisciantelli
Direttore
amministrativo:
Pierluigi Marzola
Relazioni
esterne:
Simone Pulifiato
Segretaria: Nicoletta
Manfrin
Allenatore: F. Colomba,
dalla 7^ D. Pellegrini, dalla 19^ M. Sarri, dalla
26^ D. Pellegrini
Allenatore
in 2^:
Diego Caverzan
Prep.
portieri:
Dario Marigo
Prep. atletico: Cristian
Mazzurana
Medico sociale: Dott.
Enrico Ligabue
Massaggiatore: Giuseppe
Venturelli
CALCIOMERCATO
INVERNALE:
ARRIVI:
Minetti (c78-Messina), Altinier (a83-Mantova), Vigna
(c77-Arezzo), Gonnella (d76) e Piocelle (Fra
c78-Grosseto), Garzon (c81-Chievo), Stamilla
(c83-Piacenza), Bellavista (c77-Bari), Di Bari
(d83-Taranto)
PARTENZE: Ferrarese (c80-Cremonese), Cossu
(c80-Cagliari), Iovine (c85) e Herzan (c81-Spezia),
Martinelli (d71-rescis), Dianda (C.A. c87-Vibonese)
LA
ROSA 2007-08
Portieri: Cecchini (86), Franzese
(81), De Andrade (82)
Difensori:
Castellan (88), Comazzi (79),
Di Bari (83), Gonnella (76), Hurme
(Fin.- 86), Mancinelli (82), Morabito (78),
Politti (87), Orfei (76), Sibilano (78)
Centrocampisti: Bellavista (77), Corrent (79), Di Giulio (72), Garzon (81), Giraldi (89), Greco (89), Minetti (78), Piocelle (Fra-78), Stamilla (83), Vigna (77)
Attaccanti: Altiner (83), Cissè (88), Da Silva Barbosa (Bra 78), Ikavleski (Bel. 88), Morante (79), Pastrello (84), Vriz (88), Zeytulayev (Uzb-84)
GLI
ULTIMI CINQUE CAMPIONATI
2002-03
Serie B 13° posto - All. Alberto Malesani
2003-04
Serie B 19° posto - All. Sandro Salvioni poi Sergio
Maddè
2004-05
Serie B 7° posto - All. Massimo
Ficcadenti
2005-06
Serie B 15° posto - All. Massimo Ficcadenti
2006-07 Serie B 19° posto
- Retrocesso in C1 dopo spareggio con lo Spezia -
All. Ficcadenti dalla 18^ Ventura
HELLAS
VERONA - PRO PATRIA
Arbitro
Sig. Renzo Candiusso di Cervignano del Friuli (Ud)
Ci siamo
gara di andata di play-out contro il Verona. Spiaceva già
vedere il Verona, in C1, spiace ancora di più tornare
dopo quart'anni al "Bentegodi", per giocarsi una
partita che vale salvezza. Certo nei nostri desideri c'era
la voglia di tornare, nell'impianto veronese, ma per
giocarci un qualcosa di più piacevole o magari in una
categoria superiore, cosa che non sarebbe affatto
dispiaciuta ad entrambe le tifoserie. Nella storia della
C1, mai un play-out è stato così ricco, con uno
scudetto, una partecipazione alla Coppa dei Campioni, una
vittoria nella Coppa delle Alpi (antesignana dell'Uefa) e
complessivamente ben 36 campionati di Serie A.
Gialloblù,
compagine di grande blasone e dal passato glorioso,
l’ormai ex prima squadra di Verona è scivolata lo
scorso giugno in terza serie dopo ben 66 anni ininterrotti
di A e B e a conclusione di un vero e proprio “annus
horribilis” dello sport scaligero. Campione d’Italia
nella stagione 1984-85 e ancora oggi nei ricordi simbolo
di un calcio diverso e lontano dal business moderno, anche
nella storia più recente, durante la gestione del poco
amato Giambattista Pastorello. Adesso, dopo il miracolo
rimasto incompiuto da Giampiero Ventura la scorsa
stagione, squadra, società, nella figura dell'attuale
proprietario il Conte Pietro Arvedi, si sono ritrovati nel
punto più basso della loro storia centenaria e scudettata.
Verona
che viaggia sull'orlo dell'abisso, pagando le precedenti
gestioni scellerati di Pastorello, con il Conte Arvedi,
attuale proprietario che cerca di tenere in piedi la
baracca in qualsiasi maniera, ma la situazione per gli
scaligeri sembra purtroppo più grave del previsto. La
compagine gialloblù ha viaggiato tutta la stagione sul
fondo classifica, alle prese con una grave crisi
societaria, con il presidente Arvedi, nell'occhio del
ciclone, contestato duramente dalla tifoseria veronese,
osteggiato dal sindaco Tosi, e finito nell'occhio del
ciclone della magistratura, con due inchieste proprio
negli ultimi mesi. La prima per la ventilata cessione, con
pagamento di 5 milioni di euro falsi, la seconda, per il
gruppo bresciano Lancini, che è stato tirato in ballo
proprio dall'attuale proprietario, come possibile
acquirente del sodalizio, che poi si è rivelato un bluff
ed erano le persone che tentavano di pagare la società
con gli euro falsi. Non ultimo ha contribuito il continuo
cambio di allenatori, partendo da Franco Colomba, a
Pellegrini, quindi l'intermezzo con Sarri che ha lasciato
il timone dopo una parentesi difficile dal punto di vista
dei risultati nonostante l'arrivo di suoi pretoriani come
Stamilla e Vigna ai tempi della Sangiovannese. L'arrivo e
l'abbandono di Giovanni Galli a cavallo dell'inverno, così
come Renato Cipollini, nel mese di Marzo alla vigilia
della gara contro la Pro.
Ma è un
Verona, ringalluzzito e non poco, per aver centrato i
play-out, dopo un campionato passato interamente sul
fondo, giocandosi in pratica la stagione e la propria
storia, all'ultima giornata sul sintetico di Manfredonia,
dove pur uscendo battuto per 2-1, con rete di Sau al 92'
si è regalato gli spareggi salvezza, condannando i
padroni di casa alla retrocessione diretta in C2. Nel
girone di ritorno i gialloblù, hanno conquistato 18
punti, ben sei in più della Pro Patria, che all'andata
aveva chiuso però con 26 punti all'attivo mentre gli
scaligeri si erano fermati a 13.
Gialloblù
che presentano in panchina il varesino Davide Pellegrini,
subentrato prima a Franco Colomba, e poi a Maurizio Sarri,
per una squadra e società che si è clamorosamente
scontrata da subito con la dura realtà della categoria,
specialmente in un campionato tosto come è stato quello
di quest'anno, dove c'è stato molto livellamento verso la
fascia medio-alta, con squadre organizzate e che bene o
male presentavano un pò tutte giocatori di spessore,
alcuni anche dai curriculum più che ottimo, cosa che non
manca nella rosa veronese.
Prima
gara da prendere con molta, ma molta attenzione, per tanti
fattori, sia il fattore campo, con i veronesi che avranno
circa 15.000 persone a sostenerli, sia per la rosa della
squadra di Pellegrini, che in due gare potrebbe far valere
tutta l'esperienza della rosa a disposizione, che
certamente non vale il penultimo posto in classifica.
Importante per i tigrotti, sarà uscire imbattuti dal
Bentegodi. Pro Patria che affronterà la gara prima di
tutto il centrocampo titolare per le assenze per
infortunio di Tramezzani, Fiorentino, Vecchio oltre di
Dalla Bona squalificato e di Marino, praticamente fuori
rosa da Gennaio. Inoltre i biancoblù potrebbero scontare
anche la mancanza del difensore Francioso, che ha
rimediato una distorsione in settimana, nel test contro le
formazioni giovanili, assottigliando ulteriormente i
giocatori a disposizione di Marco Rossi, che si troverà
così costretto a chiamare i giovani, Schiavano (91) e
Martini (90) per questo delicato incontro.
Per la
gara contro la Pro, i veronesi, dovranno fare a meno di
alcune pedine, su tutte Stamilla per squalifica ed altre
per infortunio, come il centrocampista Greco che si è
fratturato il setto nasale e la clavicola, oltre con il
dubbio dell'esperto difensore centrale Gonnella (scuola
Inter), figliol prodigo, per anni al Verona, prima della
parentesi grossetana, da dove ha fatto ritorno a Gennaio.
Oltre a Zeytulayev tenuto a riposo in settimana, per un
problema alla caviglia, mentre l'altro difensore Hurme ed
il centrocampista Vigna, stanno svolgendo lavora a parte
alla ricerca della miglior condizione.
Il
tecnico Davide Pellegrini, nella sua seconda fase, ha
riproposto il suo modulo, il 4-3-3, che vede il brasiliano
Rafael in porta, in difesa che a grandi linee dovrebbe
vedere a destra Orfei, ex Salernitana, autore di un gol,
Comazzi (ex Milan e Lazio) a sinistra, al centro Sibilano
(esordiente in Serie A con Fascetti nel 1997), proprio con
la maglia scaligera. e Di Bari, autore della rete vittoria
nella gara di ritorno tra bustocchi e veronesi. Reparto
che può contare su molta esperienza e fisicità, con
Orfei che sa rendersi pericoloso anche sui corner, in rete
a Busto, con una bella girata. Di Bari che può giostrare
da terzino e Comazzi portato a spingere. Pacchetto che però
pecca di coesione e soffre le accelerazioni e gli scambi
nello stretto, oltre a qualche amnesia di troppo. A
disposizione Mancinelli e Politti.
A
centrocampo, molto cose sono da valutare. Pellegrini
potrebbe dare una maglia all'esperto Nicola Corrent (79),
nato a Verona, con molta esperienza in A e B, con le
maglie di Monza, Salernitana, Como, Modena, Ternana con
lui in ballottaggio il francese Piocelle, altro rientro in
gialloblù del mercato invernale. Due le maglie certe, la
prima per l'ex Chievo, Pavia e Livorno, Garzon, che
dovrebbe sistemarsi sulla fascia destra. La seconda per
Bellavista in mezzo. In avanti una vecchia conoscenza,
Altinier, prelevato dal Mantova, già in categoria con i
virgiliani ed il Cittadella, dove ebbe la sua miglior
stagione con 11 presenze e quattro reti. Giocatore da area
di rigore, abile anche nel fare da boa ai compagni. Ai
suoi lati l'ex messinese Minetti a sinistra, anche lui più
volte incrociato in passato con le maglie di Genoa,
Reggiana e Pisa. Portato a saltare l'uomo, con dribbling
in velocità, cerca anche di tornare per aiutare il
centrocampo e con ogni probabilità Cissè nazionale della
Guiana, di proprietà dell'Atalanta che dovrebbe essere
preferito al brasiliano William Da Silva.
A disposizione del tecnico rimangono i giovani Vriz e
Iakovleski, mentre l'ex Morante, dovrebbe finire alla
meglio in panchina, se non in tribuna, come nell'ultima
parte della stagione. Veronesi, che in stagione, hanno
mostrato di crederci fino in fondo con diverse vittorie
arrivate proprio sul filo di lana, come in casa con la
Ternana, a Busto ed a Monza. Spesso quando vanno in
vantaggio, gli uomini di Pellegrini, sono diventati più
propositivi, andando anche generosamente ad aggredire
l'avversario con un pressing alto, ma poi vanno in palese
difficoltà fisica, rischiando più volte di capitolare,
arroccandosi strenuamente alla difesa del risultato.
In questa
stagione i veronesi avuto il peggiore attacco del girone
con 24 segnature, come il Manfredonia retrocesso, con la
squadra di Marco Rossi, che invece ne ha realizzati 33, di
cui 13 solo Gasparello con un solo centro dal dischetto.
Difesa bustocca perforata 35 volte, con un crollo vistoso
nel ritorno, mentre i veneti hanno dovuto raccogliere dal
sacco il pallone 41 volte, quasi nella media del girone.
Per una differenza reti che vede la Pro a -2, mentre il
Verona segna un -17. Gli scaligeri, hanno conosciuto la
sconfitta 17 volte, peggio hanno fatto solo, ancora il
Manfredonia con 19, quindi Lecco con 18, la Pro si è
fermata a 10. In casa hanno totalizzato 21 punti, quattro
in più della Pro, che con 17 è stata la peggiore squadra
del torneo. Fuori casa hanno conquistato 10 punti, di cui
tre a Busto, mentre i tigrotti ne hanno messi in carniere
21, quinta forza del campionato. Biancoblù e gialloblù,
con il Manfredonia, hanno il minor numero di vittorie solo
sette in tutto il campionato. Diciassette i pareggi della
Pro, contro i 10 del Verona.
La Pro
Patria, non ha mai vinto al "Bentegodi", solo
due i successi contro gli scaligeri nella loro casa, ma
nel vecchio impianto, uno a tavolino in Serie B, nel
campionato 52-53, per invasione di campo, l'altro nel
campionato 61-62. In questa stagione, l'arbitro Candiusso
di Cervignano del Friuli, non ha mai arbitrato i tigrotti.
LO
STADIO

L'attuale
stadio veronese è intitolato al Dott. Marcantonio
Bentegodi, veronese doc, vissuto nell'800, che è tuttora
considerato uno dei pionieri dello sport in Italia,
spingendo sempre più giovani ad interessarsi all'attività
fisica.
Fu uno
dei promotori già nel 1868, di una polisportiva comunale;
dispose nel suo testamento una parte dei redditi del suo
patrimonio fosse destinata all'insegnamento della
ginnastica e della scherma". Nel 1877, venne
costituita, l'istituzione comunale di ginnastica e scherma
Marcantonio Bentegodi, con una vera e propria fondazione
sportiva, attiva ancora adesso.
L'
impianto, prese il posto del vecchio stadio, situato
proprio in centro, nella zona di Piazza Brà, nell'area
dove si trova l'attuale parcheggio dell'Arena. Venne
inaugurato nel corso del campionato 1963-64, con i
veronesi in Serie B, in una gara molto sentita, il derby
contro il Venezia nel dicembre del 63; capienza al tempo
di circa 40.000 spettatori, portati negli anni seguenti a
42.500 unità. L'impianto scaligero si presentava, le
tribune posizionate su tre differenti livelli, una pista
per l'atletica a divedere il campo dai tifosi, oltre alle
pedane per il salto il lungo. Una particolarità del tempo
dello stadio veronese, fu la presenza di vetrate lungo
quasi tutto il secondo anello, formato da pochi gradini,
che teneva riparati gli spettatori, come negli attuali
palchi-box moderni.
Inizialmente
venne ribattezzato dai veronesi come "stadio dei
quarantamila" o anche "stadio del
miliardo", alludendo rispettivamente, al numero degli
spettatori e alle spese, elevate per erigerlo.
Il "Bentegodi",
appariva sin da allora come uno degli stadi più belli
d'Italia, tanto da sembrare quasi eccessivo per una
formazione era in quegli anni abituata a stazionare nella
serie cadetta, senza particolari ambizioni. A metà degli
anni 70' divenne il primo stadio italiano, a disporre per
le tifoserie in trasferta la curva
opposta, a quelli di casa, creando un così un cordone
sanitario, con debita distanza dalle
mitiche Brigate Gialloblù.
Praticamente esaurito, nell'anno dello scudetto di
Bagnoli, con le Brigate Gialloblù presenti nella
Curva Sud.
In
occasione dei Mondiali di calcio di Italia 90', vennero
apportati dei lavori di miglioramento ed ampliamento,
vennero tolte le vetrate, sul secondo anello, quindi sono
stati coperti tutti i settori, con la creazione di una
tettoia che sporge per tutto il perimetro dell'impianto,
attualmente è omologato per 39.211 spettatori.
Il record di presenze nell'impianto, è ovviamente
nell'anno dello scudetto, nella gara contro il Milan,
all'11^ giornata, il 2 Dicembre 84, quando ci furono
48.600 spettatori di cui 31.093 paganti più 17.545
abbonati. Attualmente il "Bentegodi" si presenta
come uno degli impianti più funzionali d'Europa; per
capienza è il decimo d'Italia.
La Pro
Patria, ci giocò la prima volta il 19 Gennaio 1964, nel
campionato di Serie B, con i biancoblù che schieravano
tutti ragazzi di Busto e dintorni, cresciuti nel vivaio
che vedeva in porta Umberto Provasi, in difesa Pippo
Taglioretti, Giancarlo Amadeo e Signorelli, a centrocampo
Lello Crespi, Vittorino Calloni, Franco Rondanini ed in
attacco Enrico Muzzio e Carletto Regalia.

Bruno Bolchi e Gipo Calloni con la maglia del Verona, nella stagione 1963-64 |
Verona
che contrapponeva tra i pali Ciceri, linea difensiva con
Carletti, Cappellino e Peretta, in mediana Savoia e Zeno,
l'ex Bruno Bolchi ed in attacco con il veronese doc Maioli,
Gian Piero Calloni, bustocco del rione dei Frati,
cresciuto nella Pro, il quale per un anno vestì la maglia
degli scaligeri, prima di tornare a vestire la maglia
della Pro, per diventare uno degli attaccanti più amati
dai tifosi biancoblù.
Fu
una partita tutta bustocca, terminata sull'1-1; infatti al
vantaggio tigrotto di Muzzio, tanto per cambiare, rispose
per i gialloblù proprio Gipo Calloni.
Ultima
volta contro il Verona al "Bentegodi", fu nella
stagione 65-66 sempre in Serie B, alla 23^ giornata, il 27
Febbraio 66, con vittoria dei padroni di casa di misura.
In
realtà l'ultima volta della Pro, nell'impianto scaligero,
fu nella stagione 78-79 campionato di C2 girone B, quando
alla 5^ giornata di ritorno affrontò l'Audace San Michele
Extra, ai tempi secondo squadra di Verona, in una gara
giocata di sabato pomeriggio e terminata 0-0.
Inoltre
da Verona, è assente dalla stagione 87-88 sempre C2/b,
quando perse 1-0, con il Chievo, proprio all'ultima
giornata, ma questa questa partita venne disputata nel
primo impianto dei clivensi il "Bottagisio".
Come
raggiungerlo
Autostrada
A4 BRESCIA - VERONA
Uscita Verona Casello VR Nord: circa 6 minuti in auto
Uscita Verona Casello VR Sud: circa 12 minuti in auto
EGIDIO
"CHA CHA CHA"

Calloni,
un nome tipico bustocco e delle zone circostanti. Un nome
che a Busto Arsizio, vuol dire centravanti, nel ricordo di
Giampiero "Gipo" Calloni, dal "rione dei
Frati", e che è stato uno dei migliori attaccanti di
sempre nella storia della Pro, pur segnando nella serie
cadetta, e che per una stagione nel 63-64, vestì anche la
maglia del Verona, andando a rete proprio nel confronto
interno del "Bentegodi", contro la Pro.
Altro
Calloni nella storia della Pro è Vittorino, motorino
inesauribile del centrocampo biancoblù degli anni
sessanta in Serie B ed uno degli alfieri della Pro con
301. presenze, prima di diventarne allenatore. Calloni è
associato al calcio italiano per le gesta di un altro
attaccante Egidio Calloni, ovviamente nato a Busto Arsizio
(1 Dicembre 1952) centravanti di peso di Varese, Milan,
Verona, Palermo, Perugia e Como, tutte tra A e B. Egidio
come tanti altri altri di Busto e dintorni che non ha mai
vestito la maglia della Pro, per motivi oscuri; l'elenco
sarebbe lunghissimo e molto nobile bastano solo i nomi di
Costacurta, Ferri (Cagliari), Stellini (Bari), Piovaccari
(Treviso), Iori (Cittadella), Parolo (Foligno), solo per
citare i primi che saltano in mente.
Egidio
Calloni, si mette in evidenza subito nelle squadre
giovanili dei dintorni, per via del fisico possente, un
vero e proprio armadio da aria di rigore e viene prelevato
praticamente subito dall'Inter che lo girò poi alcuni
anni dopo al Varese. La società biancorossa, lo manda a
fare esperienza nel Verbania in Serie C, dove l'allenatore
è Pippo Marchioro e la difesa è guidata da un certo
Osvaldo Bagnoli, alla sua ultima stagione con il calcio
giocato.
Una
signora squadra quella dei lacuali del tempo, perchè in
porta hanno Fellini ed in difesa Fabio Crugnola, che di li
a poco vestiranno la maglia della Pro, Sulla fascia
giostra Salvadori che poi vincerà lo scudetto con il
Toro, a centro campo un altro futuro ex granata come Butti
e Guidetti poi al Como e Napoli in A. I lacuali chiudono
la stagione al sesto posto, con Egidio Calloni che fa
sfracelli 15 reti in 38 presenze.
Torna a
vestire la maglia biancorossa del Varese, in serie
cadetta. Prima annata chiusa con 19 partite e sette reti,
la seconda con sedici centri in trentuno presenze. In
totale nel biennio 72-74, in cinquanta presenze la butta
dentro ventitre volte, grazie alla sua forza fisica ma
anche ad una buona freddezza dagli undici metri.
Rivelandosi uno degli attaccanti più prolifici della
Serie B, suscitando l’interesse di club blasonati,
approdando al Milan. Quindi Milanello, ovvero Carnago,
scendendo una decina di chilometri da Varese, ad una
manciata da Busto, rimanendo sempre nei dintorni di
casa.
Calloni
si ritrova così la maglia numero nove dei rossoneri sulle
spalle e come compagni di squadra Gianni Rivera, Albertosi,
Bet, Benetti, Zecchini (poi allenatore della Pro),
Chiarugi, Bigon. Esordio nella massima serie in Juve-Milan
(13.10.74 conclusasi sul 2-1) per un'ottima stagione
con 26 presenze e 11 reti, mettendosi in evidenza
oltre per la forza fisica, anche per un "look"
un pò fuori dall'ordinario per i tempi e per i gusti di
Nereo Rocco, allora allenatore del Milan; capelli lunghi e
barba incolta di diversi giorni, che comunque sapeva come
pungolare il suo ariete la davanti. Secondo anno con i
rossoneri, aumenta il bottino con 25 gare disputate e 13
reti, terzo posto in classifica finale e la vittoria della
Coppa Italia, con i supporters milanisti che intonano il
coro "Egidio cha-cha-cha" Terza stagione ed
incominciano i guai con l'arrivo di Nils Liedholm in
panchina ed in squadra Capello, Collovati, Giorgio Morini
e Ruben Buriani. Incomincia ad incepparsi in 29 presenze
racimola solo cinque reti, il suo modo di giocare molto
fisico a tratti irruento e sgraziato non si amalgama bene
con quanto richiesto dal vate svedese che lo richiama
spesso a rientri a centrocampo per sostenere la squadra e
perde di lucidità sotto rete, trovandosi in una squadra
che quasi non aveva altri attaccanti, con qualche goal di
troppo "mangiato", alcuni in maniera anche
clamorosa, che gli valsero il famoso appellativo di
"sciagurato Egidio", coniato da Gianni Brera,
che trasse spunto dal personaggio dei "Promessi
Sposi", il seduttore della Monaca di Monza, definito
nel romanzo "un giovine, scellerato di
professione".
Vuoi lo
scarso feeling con il gioco di Liedholm, vuoi il continuo
sentirsi appioppare il nome di "Sciagurato
Egidio", fatto sta che sotto rete prende ad
impappinarsi sempre di più, buttando alle ortiche palloni
da favola, servitegli da Bigon, Rivera e Capello.
Chiudendo di fatto dopo quattro stagioni la sua esperienza
milanista, con 31 goal realizzati in 101 presenze, che
tutto sommato non sono poi una disfatta e motivo di
vergogna. Da eroe della domenica, era passato ad antieroe,
per eccellenza. Altri più titolati e pagati hanno fatto
decisamente peggio. La sorte gli aveva voltato le spalle
nel momento in cui clamorosi svarioni sono passati alla
storia satirica del campionato, e facendoli lasciare il
Milan l'anno prima del decimo scudetto, per passare al
Verona, in cerca di rilancio per il campionato
78-79.
Gli
scaligeri in quella stagione non hanno una rosa di valore,
partono con Mascalaito in panchina a cui all'8^ giornata
subentra Chiappella che non riesce ad evitare la
retrocessione in B. Per Egidio Calloni, sono 20 presenze
con otto reti, un bottino tutto sommato non male, che gli
vale la chiamata del Perugia, per fare da riserva a Paolo
Rossi, racimolando solo 12 presenze e nessuna rete. Scende
di categoria passando al Palermo, dove si presenta con il
solito look e con qualche chilo di troppo, ma segnando 11
reti in 29 partite, che gli valsero la chiamata ancora in
Serie A, con il Como, tra infortuni ed altro chiude la
stagione con solo 8 presenze e due reti, chiudendo di
fatto la sua carriera a 30 anni.
Di se
stesso ha detto di essere stato "un mediocre
approdato immeritatamente ad alti livelli". Forse
qualche passaggio a vuoto di troppo sotto porta, e
l'appellativo che lo perseguitato per anni, lo ha fatto
smettere prima, ma 75 reti in 220 presenze tra A e B, non
sono roba da tutti, come le 5 presenze e due reti in
Nazionale B, oltre alla vittoria della Coppa Italia ha cui
ha contribuendo fattivamente, ed è stato anche un ottimo
rigorista con undici penalties realizzati su dodici
tentativi. Attaccante ambidestro, faceva della sua forza
fisica (oltre un metro e 80 centimetri), il suo punto di
forza. La grande massa muscolare delle gambe gli
consentiva una notevole pericolosità nel gioco di testa,
mettendo in difficoltà anche gli stopper più esperti, ma
era dotato anche di un tiro dalla distanza oltre che una
dose di freddezza dagli undici metri che stride un pò con
l'appellativo di "Sciagurato Egidio".
Finita la
carriera da calciatore è diventato
rappresentante-ispettore per una nota azienda produttrice
di gelati per la sponda piemontese del Lago Maggiore e
della Cusio-Ossola. Seguendo a livello amatoriale alcune
squadre della zona, di cui è stato anche allenatore per
alcuni periodi. Era tornato alla ribalta nazionale il 12
Luglio del 2007, quando venne ricoverato all'Ospedale di
Domodossola, vittima di un'ischemia cerebrale che lo aveva
colpito, mentre era alla guida della sua macchina, con la
quale si andò a schiantarsi contro un palo della
luce, proprio a seguito del malore. Il Milan, segui tutta
la riabilitazione, nel centro di Carnago, con "Milan-Lab".
UN
PRECEDENTE A VERONA
La Pro ha
un precedente favorevole a Verona, risalente alla stagione
1953-54 in Serie B. Era il periodo in cui i biancoblù,
dovettero far fronte alla rocambolesca retrocessione
dell'annata precedete dalla Serie A con la società che
venne praticamente rifondata con un trio di presidenti
composto dal mitico Peppino Cerana, Angioletto Garavaglia
e Pietro Labadini sostenuti da altri tredici consiglieri.
Come direttore tecnico si scelse Natale Masera, tigrotto
degli anni ruggenti della prima Serie A, poi con le maglie
dell'Ambrosiana-Inter, Napoli e Bari, mentre come
allenatore la scelta cadde su Giacinto Ellena, ex gloria
granata, il tutto per cercare di ritrovare subito l'Olimpo
calcistico. Ellena ebbe il merito di smussare qualche
angolo di troppo tra società e settore tecnico e di dare
un'impronta ad un organico quasi improvvisato in sede di
calcio mercato, per una squadra che sembrava dovesse
lottare solo per una posizione di rincalzo. Invece per
tutta la prima parte della stagione i tigrotti
rispolverarono gli artigli ed insidiarono da vicino la
prima piazza occupata da Catania.
Tra fine
Aprile e Maggio però avvenne un vero e proprio
sbandamento, esattamente come in questa sciagurata
stagione di Serie C1, con la squadra che andò incontro ai
tracolli di Cagliari, Lodi ed anche in casa contro il
Monza.
Ellena
venne sollevato dall'incarico e la squadra venne affidata
al veronese Luigi Rossetto, uomo di polso e senso pratico
che rimise in piedi la baracca che stava ormai per cadere
clamorosamente in vista dello striscione finale.
Il 16
Maggio del 1954, la Pro rese visita al Verona, nel vecchio
impianto, a ridosso dell'Arena, proprio nel momento
cruciale della stagione, con gli scaligeri che tentavano
il disperato assalto alla seconda piazza occupata proprio
dai tigrotti, sostenuti da circa un migliaio di
aficionados. Lo stadio dei gialloblù era una vera bolgia,
come citano le cronache del tempo, e la gara giocata ai
limiti della regolarità: palloni che sparivano nei
popolari e che non venivano restituiti, falli e gioco duro
da entrambe le parti. La ripresa era iniziata da circa un
quarto d'ora, quando ad un ennesimo fallo di gioco, entrò
in campo un tizio, che si diresse verso l'arbitro.
Non si
saprà mai se veronese o bustocco, nel marasma generale
che c'era con l'arbitro Arpaia, che sembrava già
intenzionato a sospendere la gara. Al 76' arriva il
vantaggio della Pro, con un'azione di Hofling dopo aver
saltato un avversario in dribbling, con i giocatori di
casa che reclamavano su un fuorigioco inesistente, in
quanto si trattava di azione personale.
L'arbitro
nonostante le vibranti proteste, indicò lo stesso il
centrocampo, mentre sulle tribune erano in molti a tentare
una seconda invasione.
A quattro
minuti dalla fine, arrivò il pareggio dei gialloblù,
questa volta si in palese fuorigioco con il mediano
scaligero Sessa, che in pratica andò anche a fare blocco
sul portiere bustocco Uboldi, impedendogli la parata, con
l'arbitro che convalidò lo stesso, ma facendo capire
chiaramente che si trattava di una rete pro-forma, perchè
riteneva di fatto conclusa la gara con l'invasione di
inizio ripresa. Ed infatti così fu, la vittoria venne
assegnata poi a tavolino alla Pro, in base all'articolo 58
con uno 0-2 a tavolino. A fine stagione i tigrotti
conquistarono per l'ultima volta la Serie A, nello
spareggio a Roma, nel vecchio impianto intitolato al
Grande Torino, oggi "Flaminio", per 2-0 sul
Cagliari davanti ad oltre 25.000 persone tra cagliaritani
e romani, che tifavano contro.
TIGROTTI,
PER PENNA DI UN VERONESE
Ti
ricordo con rabbia, Hellas Verona.
Io,
nato tigrotto
nella
selva dell’Alto Milanese
(erano
giorni favolosi,
la
Pro aveva unghie
al
suo ruggito tremavano
tori,
grifoni, zebre)
non
ho dimenticato l’antico affronto.
La
tigre dormiva sazia
In
una macchia di sole:
tu
giungesti nel pomeriggio, cacciatore
spietato
e freddo come la canna
del
tuo fucile;
un
colpo e la Signora della foresta
giacque
nella
macchia che s’oscurava
di
sangue e di crepuscolo.
Ti
ricordo con rabbia, cacciatore
vestito
d’un maglione giallo e blu
e
ora ti vedo
uccidere
ancora
spietato
e freddo come la canna
del
tuo fucile,
e
non pensi
che
uccidendo concimi la rabbia
di
un vecchio ragazzo che non dimentica
un
pomeriggio lontano
quando
s’oscuro il sole
e
la selva fu nera di sangue.
Quanto qui
citato è opera del bustese Virgilio Uberti Bona
(1916-1970), poeta ed intellettuale di un certo rilievo,
anche se quasi sconosciuto persino nella sua città, ed
è dedicato alla squadra di Busto Arsizio, la Pro
Patria, militante per dodici volte nel campionato di
Serie A, più altre quattro quando la massima serei
calcistica si chiamava Divisione Nazionle ed era divisa
in due gironi.
Come si
evince ad una prima scorsa, l’occasione di una
sconfitta interna contro i gialloblù dell’Hellas
Verona, che dovrebbe essere quella relativa al
campionato 56-57 in Serie B, diviene occasione per una
profonda riflessione sulla vita e sulle sue delusioni,
quasi un rito di passaggio dall’ adolescenza alla
maturità. In questa sede la poesia – che pure mostra
un variegato intreccio di citazioni più o meno palesi:
da Osborne ad Hemingway e a Virgilio.
Si ha
un linguaggio "sportivo", e più precisamente
calcistico, di termini ed immagini che richiamano
direttamente alla memoria pagine ed espressioni
salgariane. A cominciare dal secondo verso, “Io, nato
tigrotto”…. che inquadra ed imposta un ambito
semantico e simbolico “la selva”, dove si svolge
l’eterno conflitto tra forte e debole, cacciatore e
preda. In un senso più ristretto, e in qualche modo ‘tecnico’,
la Pro Patria nel suo complesso è paragonata alla tigre
(“Signora della foresta”), mentre “tigrotti”
sono i componenti della squadra stessa e, per
estensione, i suoi tifosi, come appunto l’allora
giovane Virgilio Uberti Bona. Né è questa una
invenzione del poeta, che anzi riprende una tradizione -
come vedremo tra poco – precedente, che ha avuto largo
successo ed è ancora fiorente, come ben sanno i cultori
di Eupalla.
Come un
‘tornante’ che si rispetti, facciamo ‘la spola’
e ripercorriamo il campo verde delle ipotesi,
trasferendoci di nuovo dal calcio alla letteratura,
individuando l’origine della parola sin qui oggetto
d’analisi.
Come
conferma l’esperto Roberto Fioraso, il termine
"tigrotti" compare per la prima volta ne
"La tigre della Malesia" di Salgari, poi,
naturalmente, è ripreso nell'edizione in volume Le
tigri di Mompracem, con i pirati di Mompracem sono
schierati davanti al loro capo e, si legge che
"Sandokan gettò uno sguardo di compiacenza sui
suoi tigrotti, come amava chiamarli, [...]".
Evidentemente essi sono definiti "tigrotti"
perché seguaci, amici, sudditi della Tigre della
Malesia, ossia di Sandokan, il quale a sua volta
definisce i tigrotti "suoi figli.
Per quanto riguarda i motivi del passaggio, già il
testo citato in apertura ci richiama ad una consuetudine
sportiva, l’abbinamento squadra-animale simbolico
(“la Pro aveva unghie / al suo ruggito tremavano /
tori, grifoni, zebre”) è abbastanza comune e può
essere attivato dai colori delle maglie e dalla loro
speciale disposizione (le zebre sono così accostate
alla Juventus, i canarini al Modena, le rondinelle al
Brescia ecc.) o dalla ripresa di elementi presenti nello
stemma cittadino (la lupa romanista, il biscione
interista), così che il campionato spesso diventi un
vero giardino zoologico reale e fantastico, con la
presenza di tori, asinelli, grifoni, leoni, galletti,
ecc. In tale contesto zoomorfo sorge l’equivalenza
tigri-tigrotti=Pro Patria, dettata da due motivi
probabilmente congiunti. Da un lato la caratteristica
sopra accennata: la squadra di Busto indossa una maglia
assai particolare, inconfondibile, ad ampie strisce
orizzontali bianche e blu, alternate.
Da qui
la forte caratterizzazione ottico-cromatica che sin
dagli ani venti induce i cronisti a definizioni quali
“zebrati” e “bleu-cerchiati”.
Oltre
alla zebra – peraltro già da tempo appannaggio della
Juventus e dunque difficilmente estendibile ad una
diversa compagine – la tigre è un altro animale che
in qualche modo si può visivamente accostare per il suo
manto alla casacca dei bustocchi. Ma, verrebbe da dire,
perché proprio la tigre? E' rilevata dal
pionieristico lavoro, di Carlo Bascetta (Il Linguaggio
sportivo contemporaneo, Firenze, Sansoni, p.101), il
quale però registra il termine “tigrotti”
semplicemente riferendolo alla Pro Patria senza tentarne
una spiegazione. Possiamo forse abbozzarne una,
ricordando che l’audacia ed il coraggio, era
delle caratteristiche di Sandokan e dei suoi pirati,
accompagnata anche dalla forza, come recepisce e
conferma il Grande dizionario della lingua italiana Utet
(vol. XX, Torino, 2000), alla voce “Tigre” e,
ugualmente, ma con l’aggiunta della componente
giovanile, al lemma “Tigrotto”. Di quest’ultimo si
introduce una specifica lettura sportiva, definendo
tigrotto il “giocatore della squadra di calcio della
Pro Patria (con riferimento alla maglia bianca a strisce
orizzontali celesti)”, allegando come fonte una
citazione giornalistica risalente al novembre 1948 che
elogiava “l’impeto, l’ardore combattivo dei
tigrotti”. Ecco dunque avvenuta, nel nome di Salgari,
una sorta di fusione tra ragioni visivo-coloristiche e
simboliche.
Resta solo da precisare, se è possibile, almeno per
approssimazione, la data di tale conio
linguistico.
A
fronte della proposta del Grande dizionario della lingua
è infatti possibile proporre una fonte più autorevole,
che consente peraltro di anticipare di parecchi anni la
definizione salgariana, in qualche modo perfezionandola
ed adattandola alla perfezione al nuovo specifico
contesto agonistico. Per ritrovare il bandolo della
matassa occorre, quasi circolarmente, di nuovo spostarsi
tra Busto Arsizio e Verona, come già proponeva il testo
iniziale.
A conclusione del campionato 1930-1931, il quarto
della Pro Patria in divisione nazionale, un grande
del giornalismo sportivo, il veronese Bruno Roghi, pur
in presenza di una stagione non particolarmente felice
della Pro Patria (giunta in effetti quart’ultima), ne
esaltava comunque lo straordinario carattere – in
grado di sopperire alle carenze tecniche e ad un
organico apparentemente inferiore alle altre concorrenti
- e ufficializzava una volta per tutte la definizione di
‘tigrotti’. L’articolo, significativamente
intitolato La ‘Pro Patria’ cuor di tigrotto e
riportato sulla prima pagina de “La Domenica
Sportiva”, il settimanale illustrato de “La Gazzetta
dello Sport”, alla data 12 marzo 1931, merita la
rilettura integrale, sia per la sua brillante prosa sia
per la sapienza tecnica dell’autore. Lasciamo dunque
la parola a Roghi, che ci invita ad un viaggio a ritroso
nel tempo, quando il calcio era ancora, per dirla con
Brera, “un mistero senza fine bello”:
"Ci sono squadre che quando riescono a
intrufolarsi nei ranghi della massima Divisione se ne
stanno quiete per un pezzo. Ritemprano le energie
consumate nel periodo della durissima battaglia per la
promozione, si guardano attorno intimidite come un
provinciale capitato in un salotto frequentato da conti
e duchesse, si fanno piccine piccine per non farsi
troppo notare. Hanno paura, dopo la gran fatica durata
per vincere le riluttanze del maggiordomo che non voleva
dare il passo alle intruse, di essere scaraventate giù
dalle scale con una spinta più sprezzante che risoluta.
La Divisione Nazionale, insomma, mette soggezione. E quando la squadra nuova arrivata entra, con al sua toeletta sportiva dai colori sgargianti nel verde salotto delle altere compagne dal nobile casato e dalla luminosa tradizione, ha sempre paura di decifrare, sulle labbra degli spettatori, un sottile sorriso di ironia. Nel mondo calcistico ne uccide più il timore reverenziale che la classe; e la squadra matricolina deve sempre pagare all’emozione e all’inesperienza un obolo pesante.
Questo discorso andrebbe benissimo se non ci fosse la “Pro Patria” a riderci su. Spingi e spingi, la “Pro Patria” riesce nel 1927 a qualificarsi per la
massima categoria.
Squadra di provincia, fresca di nomina, un serbatoio di goals e di punti per le squadre muscolatissime e titolatissime che militano nel suo girone: un “Bologna”, una “Juventus”, un’”Internazionale”, una “Roma”, un “Modena”...
La “Pro Patria” debutta a Bologna: fa pari (1-1) e il goal lo segna lo studente Varglien. Due domeniche dopo va a Cornigliano: batte la “Dominante” e due goals li segna Reguzzoni. Due partite, due schietti successi, due giocatori il cui nome è ancora oscuro ma che con gli anni e le belle imprese convergeranno sulle gambe virtuose i fasci di luce della fama calcistica e, di conseguenza, i fasci di banconote delle società opulente. Si parla di una “Pro Patria” sbarazzina e bizzarra che, approfittando della disattenzione generale, ha scroccato di sorpresa i suoi primi successi. Saranno gli ultimi, alla distanza la squadra scoppierà. Alla distanza - durante quel girone di ritorno che stronca i novellini - la squadra lombarda sconfisse la orgogliosa e possente “Juventus”. Si dice: bella forza! Il campo dei bustesi è l’antro della tigre: chi ci si avventura ci lascia la pelle. Allora la “Pro Patria” va a Modena e vince, va a Roma e vince. Allora si delibera di conferire a questi giovinotti, una volta per sempre, la qualifica di “tigrotti”. Non si tratta del conferimento protocollare del nome e degli attributi di una fiera qualunque tanto per far bella figura in quella specie di buffo serraglio che è il Consorzio delle squadre di calcio. Si tratta veramente di “tigrotti” con tanto di unghioli e con quel loro caratteristico modo di balzare addosso agli avversari che neppur hanno il tempo di tirare il respiro...
Quel clamoroso matricolato nei ranghi della massima Divisione ha dato alla “Pro Patria” - di colpo - autorità e fama. E quello slancio repentino che nel 1927 ha permesso alla giovine squadra di “piazzarsi” da pari a pari nella costellazione delle vedette ha fissato, fin da allora, le schiette e inconfondibili prerogative della squadra; le quali prerogative sono rimaste nel sangue della “Pro Patria”, nonostante la varia vicenda dei giocatori in partenza e in arrivo, come il clima della tonalità percorre ed aleggia in tutto il pezzo nonostante i capricci e le avventure delle modulazioni.
Squadra nata per la battaglia è la “Pro Patria”. Non che il suo gioco sia povero di pregi tecnici e il suo stile sia macchiato e confuso. La tecnica e lo stile, poi, non sono proiezioni della geometria sullo schermo verde dei campi di football sì che una squadra, per il fatto solo di non essere ligia ai gelidi canoni dell’accademia, debba essere sdegnosamente condannata. La tecnica non si manifesta soltanto in metodici e nitidi disegni aerei di un pallone calciato da uomini-macchine...C’è una tecnica e c’è uno stile, difficili da incapsulare in definizioni rigide, ma non per questo meno evidenti e vitali, anche nel gioco delle squadre che esprimono compiutamente se stesse nelle fiamme del combattimento. Così la “Pro Patria”, tipica squadra d’assalto, generosa e ardentissima, sprezzante della statura degli antagonisti, prodiga delle proprie energie fino all’esaurimento."
Bruno Roghi da La Gazzetta dello Sport 12 Marzo 1931
Si
ringrazia il Prof. Alberto Brambilla, per la gentile
concessione dell'articolo.
I
PRECEDENTI
Palmares
Pro
Patria: 12 Campionati di Serie A / 1 Coppa delle Alpi
Verona:
24 Campionati di Serie A / 1 Scudetto 1984-85 / Ottavi di
Finale Coppa dei Campioni
1927-28 Div. Naz. Gir. B
9^ 27 Nov. 27 Hellas Verona - Pro Patria 2-1: A. Morandi
(V), L. Tommasi (V), Fizzotti (Pro)
19^ 26 Feb. 28 Pro Patria - Hellas Verona 4-0: 3 Reguzzoni,
1 Tognazzi
1953 -54 Serie B
3 Gen. 54 Pro Patria - Verona 1-1: Hofling (Pro), Luosi
(V)
16 Mag. 54 Verona - Pro Patria 1-1: Poli (V), Frasi (Pro), in
seguito 0-2 a tavolino per invasione di un tifoso
veronese
1956 -57 Serie B
28 Ott. 56 Pro Patria - Verona 1-2: Danova (Pro), Ghiandi
(V), Bassetti (V)
17 Mar. 57 Verona - Pro Patria 1-0:
1960-61 Serie B
22 Gen. 61 Pro Patria - Verona 3-1: Basiliani (V)
4 Giu. 61 Verona - Pro Patria 3-2: Cosma (V), Fontanesi
(V), Zavaglio (V)
1961-62 Serie B
26 Nov. 61 Pro Patria - Verona 0-1:
Maschietto
8 Apr. 62 Verona - Pro Patria 0-1:
Coppa Italia
28 Ago. 61 Verona - Pro Patria 2-0: Savoia, Maioli
1962-63 Serie B
16 Sett. 62 Pro Patria - Verona 2-0
3 Feb. 63 Verona - Pro Patria 1-0: Fantini
1963-64 Serie B
19 Gen. 64 Verona – Pro Patria 1-1: Muzzio (Pro),
Gipo Calloni (V)
14 Giu. 64 Pro Patria – Verona 1-1: Cera (V)
1964-65 Serie B
12^ 6 Dic. 64 Verona - Pro Patria 0-0
31^ 2 Mag. 65 Pro Patria - Verona 2-2: aut. (V), Sega (V)
1965-66 Serie B
4^ 26 Set. 65 Pro Patria - Verona 1-1:
Maschietto (V)
23^ 27 Feb. 66 Verona - Pro Patria 1-0: Sega
2007-08
Serie C1/a
10^
28 Ott. 07 Verona - Pro Patria 0-0
27^ 16 Mar. 08 Pro Patria - Verona 1-2: 10' Imburgia
(Pro),49' Orfei (V), 89' Di Bari (V)
LA
TIFOSERIA
Potremmo
definire i veronesi, solo e semplicemente, una tifoseria
che ha fatto storia.
L'Hellas,
sin dalla sua nascita può contare su un buon numero di
affezionati, ma è solo con il secondo dopoguerra che
attorno ai gialloblù si crea un primo vero zoccolo duro
di appassionati, che seguono la squadra nel vecchio
impianto vicino a Piazza Bra. Che la tifoseria veronese,
fosse calda, si sapeva anche in tempi ormai relativamente
lontani, e la Pro ne viene a conoscenza il 16 Maggio del
1954, quando è alla ricerca del ritorno in Serie A, si
disputa Verona - Pro Patria, vantaggio dei padroni di casa
con Poli e quindi è il veronese Frasi, che pareggia
proprio per i biancoblù. Succede un mezzo finimondo, con
invasione di campo ed in seguito 0-2 a tavolino,
per i bustocchi.
In
seguito alla prima storica promozione in Serie A, avvenuta
nel 1957, si ha una prima parvenza di tifo organizzato;
con il consolidarsi della formazione scaligera nella
massima serie, nascono anche i primi club ufficiali di
sostenitori, che seguono anche i gialloblù in trasferta,
molti provenienti dalla provincia.
Il primo vero nucleo di ultras a Verona nasce verso la
fine del 1969: è il periodo della contestazione giovanile
in tutta Europa e USA, ed un gruppo ragazzi, tra i tifosi
più vivaci ed intraprendenti, presero a ritrovarsi dietro
lo striscione "I 4 Fedelissimi": embrione delle
mitiche Brigate, che nacquero già nel corso della
stagione 1970-71, ma ufficialmente il 30 novembre del 1971
come "Calcio Club Verona Brigate Gialloblù",
affiliandosi inizialmente al centro di coordinamento dei
tifosi scaligeri. Quando il Verona giocava in trasferta,
si presentavano con uno striscione di tela blu con la
scritta gialla "Brigate". Subito al gruppo
iniziale si aggregano sia giovani dei ceti popolari che
della "Verona bene", con lo stesso spirito
sostenere la squadra e fare baldoria. Con gruppi
sostanziosi che arrivano anche dalla provincia.
La
denominazione "Brigate Gialloblù", venne scelta
da due ragazzi, al tempo sedicenni, Franco Masotti e
Massimo Tocco, quest'ultimo fu il primo presidente
ufficiale delle B.G., mentre tra i nomi scartati c'era
quello di Commandos Fedelissimi Gialloblù, per non
imitare il già esistente Commandos Tigre a Milano ed
altri poi sorti nel periodo un pò ovunque in Italia.
Scelsero
questo nome in quanto al tempo erano militanti della
Gioventù Studentesca, gruppo di sinistra del tempo. Al
primo gruppo iniziale si aggiunsero altri ragazzi, di una
fascia di età che andava dai 13 ai 20 anni, che si
ritrovava un paio di volte a settimana, in locale di
Vicolo Mustacchi, in zona Piazza Isolo, di cui pagava
l'affitto auto finanziandosi; da subito non vollero
saperne di venire inquadrati nelle regole del "Centro
Coordinamento Calcio Club". Posizione al "Bentegodi",
l'anello superiore della Curva Sud.
Le Brigate preso così a seguire la squadra, che negli
anni '70 era quella del mitici Pizzaballa in porta, in
attacco Mujesan e Clerici, oltre a Mascalaito, Sirena,
Mascetti, Clerici. Tra i primi beniamini della tifoseria,
in assoluto Zigoni, calciatore fuori dagli schemi, del
Verona anni '70. Si presentarono i tutti gli stadi, anche
dove al tempo era più disagiato arrivarci come Sardegna,
Sicilia e meridione.
La storia
del tifo scaligero si identifica in un questo anno, 1971,
quando prendono corpo le "Brigate Giallobù",
gruppo trainante del tifo a Verona e veri mastri di tifo
per intere generazioni di giovani Ultras e non. Oggi
purtroppo la generazione delle Brigate è sul viale dl
tramonto, ma i più giovani hanno ereditato la reputazione
di questo gruppo, uno dei più rispettati ed imitati in
assoluto.

Veronesi
a Torino (1971)
Nel 1972,
accanto allo striscione B.G. compare anche quello Ultras,
con un teschio al centro, un gruppo di destra, che poi
segnerà la storia politica delle Brigate e del loro
cammino. Per gli striscioni nel 1973 per la prima volta e'
usata la tela cerata.
Fin dai
primi anni di vita le BG dimostrano di valere e già nel
1974 vanno a Brescia, per quello che è qualcosa in più
di un semplice derby, in corteo con lo striscione davanti
e le cronache del periodo mettono in luce già l'indole
turbolenta degli ultras gialloblù, nelle accesissime gare
con il Bologna, soprattutto per motivi politici, il
Vicenza questioni di vicinanza e politiche, la Juve, il
Milan.
Nel
periodo la curva veronese, si presenta con il classico
tifo all'italiana, bandieroni, tamburi, fumogeni e lancio
di coriandoli, con cori compatti e tonanti. I cori saranno
presto una delle caratteristiche dei gialloblù, sempre
molto originali. Spesso su melodie dei Beatles, Who e
Rolling Stones, su cui venivano inserite spesso e
volentieri, parole in dialetto stretto, se non
stravolgerle completamente e ricantarle in veronese puro.
A metà
degli anni 70' il Bentegodi divenne il primo stadio in
Italia, a disporre per le tifoserie ospiti la curva
opposta, a quelli di casa, creando un così un cordone
sanitario, con debita distanza dalle B.G.
Dietro allo striscione delle Brigate, si formano anche
altri gruppi, minori, che con gli anni diventeranno sempre
più numerosi tanto da diventare, a metà degli anni
’80, un altro tratto caratterizzante della curva
veronese. Subito dopo gli Ultras, compaiono i “marines
gialloblu”.
Nel
Giugno del 1975, per festeggiare il ritorno della squadra
in Serie A, sono 5.000 i veronesi presenti a Como, ma i
gialloblù vengono sconfitti, toccherà al presidente
Garonzi, intervenire direttamente a calmare i tifosi, ma
scortato dalla Polizia.
Nel 1976 alcuni esponenti delle BG stringono un
gemellaggio storico con una curva inglese: quella del
Chelsea, ai tempi una delle più turbolente tifoserie
inglesi, che perdura ancora oggi dopo oltre trenta anni;
di quel periodo gli striscioni con le sigle di chiara
matrice anglosassone, come "Punk Brigade”,
“Hellas Army” e "The Deadly Sinner Club" ed
il tifo veronese comincia dunque ad assorbire la cultura e
fisionomia tipici del "British style".

Chelsea
- Verona 1976
Nel
1977 le Brigate Gialloblù decidono di abbandonare il
vecchio striscione, sostituendolo con il nuovo che al
centro vede la scala a tre pioli come simbolo sormontante.
L'evolversi del tifo in Italia si vede proprio nella Curva
sud, del Verona, per la prima volta una "Union
Jack" britannica, non solo ma anche nella stampa del
materiale i veronesi si rifanno allo stile britannico come
nel caso delle prime sciarpe a listarelle dei primi anni
ottanta.
Sempre in
questo periodo le BG, prendono a manifestare marcatamente
un profilo politico di destra, fino al punto da essere una
caratteristica intrinseca dell'immagine del gruppo stesso
che si definisce orgogliosamente ed ostentatamente di
destra, anche se all' inizio nel nucleo fondatore ci sono
anche militanti di sinistra e rude boys.
Con la
retrocessione del Verona in B, al termine della stagione
1979-80, le B.G. non perdono certamente lo smalto ed il
temperamento, anzi si compattano ancora di più,
conquistando le prime pagine per i tafferugli con
milanisti e vicentini ed alcune tifoserie meridionali che
spesso e volentieri lasciano il "Bentegodi" a
gambe levate.
Veronesi, che manifestano un atteggiamento irriverente e
sfrontato nell'affrontare le tifoserie avversarie,
striscioni spesso originalissimi.
Gli anni
’70 sono però anche il periodo in cui ci sono diversi
gemellaggi. Oltre a quello già citato con il Chelsea, le
BG stringono altre amicizie, alcune delle quali dopo
essersele date di santa ragione! È il caso di quelle con
Sampdoria e, soprattutto, Fiorentina, uniche di quel
periodo ancora vive e vegete, ma anche con i granata del
Torino e stranamente con i con i giallorossi romani, ma
con quest'ultimi ovviamente non durerà molto.
Dietro
allo striscione delle BG si muovono migliaia di persone, e
nella seconda metà dei turbolenti anni 70' la tifoseria
gialloblù, si fa notare non solo per il calore con cui
segue la squadra, ma anche per i numerosi incidenti che
provoca sia in casa che fuori, dove si presenta sempre
massicciamente, con tamburi al seguito e l'immancabile
striscione per l'idolo Zigoni. In diverse occasioni si và
però anche oltre, nelle vicinanze dello stadio scaligero
viene trovato di tutto; nella gara contro la Juventus del
marzo 77, sulla pista di atletica del "Bentegodi"
viene rinvenuta addirittura una bomba a mano, lanciata con
ogni probabilità, proprio dalla curva sud e, solo per una
fortunata coincidenza, la seconda "sicura" ha
tenuto impedendone l’esplosione.
La
squadra chiude l'era del presidente Garonzi, vittima anche
di un sequestro di persona e scivola in B, il Bentegodi si
svuota, curva compresa. Solo lo zoccolo duro rimane a
sostenere una squadra che rischia addirittura la
retrocessione in C. Il discorso non cambia nemmeno nel
campionato seguente e la curva si spopola sempre di più,
il campionato di serie cadetta 1980-81 registra il minimo
storico di abbonati solo 2.900. Per la tifoseria scaligera
e per le B.G. è il momento di un cambio generazionale.
Arriva Bagnoli in panchina, la formazione gialloblù
risale in A, creando nello stesso tempo nella squadra lo
zoccolo duro per la conquista della scudetto, istaurando
con la tifoseria un rapporto che con il passare delle
giornate diventa molto stretto, fino a quasi ad arrivare
ad una vera e propria simbiosi. Nel campionato 80-81, le
B.G. rifioriscono, presentandosi in 5.000 unità a Rimini
e con esse anche gli scontri. La curva veronese, prende a
caratterizzarsi in maniera diversa rispetto al passato, in
maniera più aggressiva, divisa in molti gruppi minori, ma
assolutamente compatta nel nome del tifo e
progressivamente tenderà sempre più a destra, cosa che
negli anni 70' nonostante la presenza di gruppi schierati
dichiaratamente dal punto di vista politico, era riuscita
in qualche modo a conservare una formale apoliticità.
Agli inizi degli anni ’80, nella sud compaiono espliciti
simboli politici; dal 1983 appaiono in curva gli
striscioni del “Verona front”, gruppo vicino ad
aderenti al fronte della gioventù e della “gioventù
scaligera”, mentre si moltiplicano le bandiere provviste
di croci celtiche e talvolta addirittura di svastiche.
L’anima della curva però, come già detto, si presenta
molto composita e accoglie anche, se pure in fortissima
minoranza gruppi di sinistra come i “rude boys”.
Gruppi
diversi molto eterogenei, ma sempre compatti nel sostenere
l'Hellas Verona ovunque vada, e negli stadi riecheggia il
mitico coro, poi copiato un pò da tutti "in ogni
posto che andiamo, tutti ci chiedono, chi noi siamo,
glielo diciamo, chi noi siamo. Brigate, brigate, gialloblu!
Siamo l’armata del Verona e nessun ci fermerà, noi
saremo sempre qua per restare in serie A il Verona è la
squadra del mio cuor!”
Molti dei
nuovi entrano in curva, esattamente con lo spirito con cui
si entra volontari in un battaglione di Marines, con forte
propensione allo scontro fisico con le tifoserie
avversarie; e questo diventerà per molti il motivo
principale di adesione alle BG. Già nel campionato
1981-82, che riporta i gialloblù in Serie A, la curva
veronese aveva ricominciato a far parlare, per le
intemperanze degli ultras, ma è a partire dalla stagione
1982-83 che l’immagine di tifoseria dura, prende il
sopravvento su tutto il resto. Gli scontri iniziano già
alla prima di campionato contro l’Inter e proseguono
fragorosamente per tutta la stagione, culminando nella
semifinale di andata di Coppa Italia, nel giugno 1983,
contro il Milan.
Dal punto
di vista coreografico la curva mantiene la sua vena
colorata, anzi le bandiere si moltiplicano, in particolare
quelle "scozzesi" a scacchi giallo-blu,
spariscono invece i tamburi, mentre per qualche tempo
prende piede la moda di presentarsi in curva con la maglia
della squadra, di stile prettamente anglosassone. La
particolarità, dirompente del periodo, inizia ad essere
il tratto goliardico, a tratti veramente demenziale, che
in alcune occasioni diventa cattivo, con cui le BG
accolgono i tifosi e le squadre avversarie. Alcune volte
si và anche un passo oltre.
Il
campionato 1982-83 passa alla storia, per la contestazione
beffarda al giocatore peruviano Uribe, del Cagliari, con
lancio di banane. per una partita a Como, le B.G. arrivano
con pinne, maschere da sub, materassini e paperelle ed
altri animali gonfiabili. Per una trasferta a Firenze, ad
un certo punto spuntano dei remi dai finestrini dal pulman
delle BG, facendolo sembrare una nave vichinga; le carote
gettate ai tifosi udinesi al grido di “buon appetito
conigli!” con 6.000 veronesi al seguito che formano un
unico serpentone in autostrada, sono solo alcuni degli
episodi ormai entrati nella storia ultrà del nostro paese
e fanno delle Brigate un gruppo "di rottura"
anticipando i costumi ultras italiani degli anni a
seguire.
Famosi
rimarranno i mitici striscioni rivolti ai napoletani
"Benvenuti in Italia", "Lavatevi",
"Forza Vesuvio" che in ogni partita contro i
campani ed in genere contro le squadre meridionali,
verranno sempre rinnovati e ripresentati. Striscioni, che
hanno tutt'ora una forte eco.
Nascono
sempre in questo periodo sottogruppi come "Gruppo
Onto Golosine" e "Tartan Army". Prende
anche il sopravvento lo stile casuals sullo stile, mutuato
dagli "Headhunters Chelsea", sulla cui scia
realizzarono il biglietto da visita: "Complimenti,
hai appena conosciuto le Brigate Gialloblù", che
lasciavano dopo ogni scontro.
E come
non ricordare di questi anni l'altro sottogruppo epico:
"A.S.U." letteralmente "Associazione Stalle
Umane", formato da personaggi fuori controllo, dediti
a scorribande con atteggiamenti volutamente animaleschi,
sullo stile hooligan inglese ed uso smodato di alcool in
tutte le sue forme, vino e "sgnappa" su tutto.
Riprendendo come non mai il motto "Veronesi tutti
matti".
Sempre
nei primi anni '80 nascono altri gruppi Ultras che
affiancano le Brigate, il loro nomi sono: Gioventù
Scaligera, Vecchia Guardia, Inferno Gialloblù e Verona
Front. Con gruppi che arrivano dal Trentino, basso
bresciano e mantovano.
A Belgrado il 28 Settembre 1983, c'è anche il battesimo
europeo per gli scaligeri, in uno stadio certo non facile,
sono migliaia i sostenitori gialloblù, che si fanno
sentire, per la gara di Coppa UEFA, contro la Stella
Rossa. Quindi trasferta di 5.000 unità a Graz in Austria,
dove praticamente il Verona gioca in casa.
Questi
sono gli anni d'oro per le Brigate, il tifoso scaligero in
generale e l'Hellas di Bagnoli, Fanna, Brigel ed Elkjaer
che 12 Maggio 1985 davanti ad oltre 10mila tifosi
scaligeri vince a Bergamo, il suo primo e finora unico
scudetto.
Stagione
in cui trovare un buco al "Bentegodi" è
praticamente impossibile, non solo ultras e tifosi
organizzati, ma donne, tante e bambini, riempiono con
orgoglio l'impianto scaligero, identificandosi al massimo
in quella squadra, che in campo mette sotto Juve, Milan,
Inter, Sampdoria e soprattutto il Napoli di Maradona.
Il 18
Settembre 85, Bentegodi esaurito per la gara di Coppa
Campioni, contro il Paok Salonicco e massiccia presenza
scaligera in Grecia; lo stadio è più che esaurito in
ogni domenica, ma per ironia della sorte i tifosi gialloblù,
non potranno partecipare alla partita di Coppa, contro la
Juve a Torino, perchè il vecchio comunale è
squalificato, per i tragici incidenti dell'Hysel. I 42.500
posti di capienza dello stadio "Bentegodi",
risultano spesso insufficienti, per il calore e la
passione della tifoseria gialloblù.
Sul
fronte dei rapporti con le tifoserie avversarie, si
registrano alcuni cambiamenti, viene stretto un patto con
gli interisti, inversione di tendenza rispetto alla regola
che non prevedeva amicizie con le squadre considerate
"grandi": nel 1986, si registra "un
insolito", per la tipologia della tifoseria,
gemellaggio con i leccesi, mentre nll’88, i tifosi del
Torino rompono il gemellaggio più che decennale.
Nel 1986
ci sono diversi incidenti, con il centro di Como, che in
pratica viene devastato dal passaggio degli ultras
gialloblù, con altri gravi incidenti in altre città che
portano ad un forte attrito con la società scaligera.
Contrasti che esplodono definitivamente nel dicembre 1986
dopo che gli ultrà veronesi mettono letteralmente
“a ferro e fuoco” Brescia, con oltre un migliaio di
veronesi presenti già in città dalla mattina,
nella "speranza" di trovare gli ultrà locali.
La mancata presenza degli storici rivali innesca la furia
dei gialloblù; la zona della stazione, il viale che porta
al Rigamonti e le vie adiacenti vengono distrutte, con
cassonetti dati alle fiamme, bar devastati, passanti
aggrediti, abitazioni danneggiate e per
"gradire" violenti scontri con le forze
dell’ordine, che cercano invano di mettere un minimo
d'ordine.
La
dirigenza del club scaligera reagisce duramente: Chiampan
minaccia di ritirare la squadra dal campionato, proponendo
la schedatura sistematica dei brigatisti, mentre l'allora
sindaco Sboarina medita di chiudere la curva o di far
giocare il Verona a porte chiuse. I fatti di Como e
Brescia finiscono sul tavolo della Procura della
Repubblica di Verona che inizia ad indagare su eventuali
connessioni tra la curva veronese e gruppi locali di
estrema destra. La polizia effettua centinaia di
perquisizioni e il 1 Febbraio 1987 vengono arrestati 12
ultrà veronesi con l’accusa di “associazione a
delinquere”. Si tratta di un’accusa gravissima: per la
prima volta, in Italia, un tifoso di calcio viene trattato
alla stregua di un criminale vero e proprio.
La Curva
Sud si schiera in massa con gli ultrà arrestati: in
occasione della partita contro la Roma, nella zona
centrale della Sud rimane soltanto lo striscione “non 12
ma 5000 colpevoli”. Il significato della presa di
posizione è abbastanza chiaro: gli ultrà arrestati
saranno anche dei teppisti, ma processarli per
associazione a delinquere è del tutto fuori luogo, almeno
secondo i colleghi brigatisti. E' comunque chiaro che
parte degli ultrà che si riconoscono nelle BG sfuggono al
controllo dei “capi ed ogni occasione e buona per degli
scontri.
Come
nell'occasione in cui il Mantova si presenta al campo
Bottagisio, per affrontare il Chievo; centinaia di tifosi
della Curva Sud, si presentano solo per affrontare gli
storici rivali mantovani. Altro episodio sul genere si
verifica nel basket, quando al Palazzetto dello sport,
arriva una delle due squadre bolognesi, con molti tifosi
al seguito.
Tornano a girare l'Europa nella stagione 87-88, in sempre
in Coppa UEFA, dove i gialloblù arrivano ai quarti di
finali, venendo eliminati, non senza recriminazioni dal
Werder Brema. Memorabili per le B.G. & co. le
trasferte a Stettino in Polonia, quando c'era ancora la
cortina di ferro, il muro cadrà due anni dopo. Utrecht in
Olanda, con incidenti notevoli con i padroni di casa e la
polizia, quindi in Romania a Bucarest contro lo Sportul
Stundentesc.
Nel periodo nella curva scaligera, compare il primo
bandierone copricurva, con il nome dello sponsor della
squadra la Canon.

Curva
sud Verona, 1987
Negli
anni a seguire, il magico gruppo di Bagnoli si polverizza,
con l'Hellas che scivola mestamente in B, nella stagione
89-90, mentre nelle B.G., prevale sempre di più il volto
ideologico, facendo svanire in parte la sua originalità e
goliardia.
Agli inizi degli anni 90' i diffidati gialloblù sono più
di un centinaio e tutta la tifoseria scaligera è
"sorvegliata speciale". L’impiego sempre più
massiccio delle forze dell’ordine però, non frena gli
ultrà veronesi che imperversano negli stadi della
cadetteria nel vittorioso campionato 1990-91. Il ritorno
in serie A coincide con nuovi disordini e nuove diffide.
La curva veronese è costantemente al centro
dell’attenzione dei mass-media.

Il
presidente Mazzi, la stampa in generale, non ultimo il
prefetto di Verona accusarono violentemente le B.G., che
risposero con l'auto-scioglimento, per non dover rendere
conto alla polizia del comportamento di ogni tifoso
veronese; la curva scaligera la domenica successiva resterà
vuota, per ricordare la sentenza che vide poi le B.G.
condannate come associazione a delinquere ed alla valanga
di diffide piovute nel dopo Cesena - Verona, altro momento
critico nella storia delle Brigate. Si arriva così al
fatale 14 novembre 1991, pochi giorni prima di compiere 20
anni, le BG annunciano il loro auto-scioglimento in
accordo con tutti i gruppi presenti nella sud. I vertici
dello storico gruppo si dicono stanchi di tanto
accanimento nei loro confronti: non possono essere il
capro espiatorio per problemi di ordine pubblico che
travalicano il tifo sportivo e, in particolare, non
possono rendersi responsabili di ogni individuo che porti
una sciarpa gialloblu al collo. In occasione della partita
Verona-Genoa, le ringhiere della curva sud, dopo 20 anni,
restano desolatamente vuote.
I
gemellati fiorentini, nella prima partita in casa dei
viola, ricorderanno le Brigate Gialloblù, con una
bellissima coreografia, che prendeva tutta la Curva
Fiesole, formata da uno sfondo giallo e le lettere B e G
in blù, con uno striscione che recava la scritta: "Ventanni
di storia, non si cancellano....Onore alle B.G."
Come
scrisse Silvio Cametti, l'autore dello splendido "I
guerrieri di Verona" oramai introvabile nelle
librerie, le Brigate Gialloblù sono state croce e delizia
per la città, la provincia veronese e la tifoseria
scaligera in generale. Aggregando centinaia di giovani che
hanno provato motivazioni, emozioni forti e trasgressioni
dietro quelle storiche insegne BG '71, che venivano prima
anche dell'Hellas "Siamo i tifosi delle Brigate"
precisavano. La particolarità delle BG e' stata quella di
diventare il gruppo più avversato e guardato d'Italia da
qui la frase, contro i compromessi:"Noi odiamo
tutti", senza mai lasciarsi trasportare dai successi.
Gli anni
'90 con l'Hellas tra la Serie A e la Serie B, la scena
anche nel tifo è altalenante, non ci si può dimenticare
del gruppo "I Febbraio", così denominato dal
giorno in cui le B.G. vennero dichiarate associazione a
delinquere, composto da ex membri delle Brigate Gialloblù
e posizionato nei distinti.
Dopo lo
scioglimento ufficiale, alcuni membri della la vecchia
guardia, ripreso in mano la curva, pensando di riaprire
un'altra pagina storica. Nell'estate del 1996, la Curva
Sud torna alla ribalta, per l’incresciosa
“impiccagione” di un manichino nero, raffigurante
un calciatore di colore Ferrer, che doveva arrivare nelle
fila gialloblù, e poi saltò. Episodio
riconducibile a pochi elementi, certamente non
condiviso dalla maggioranza
degli ultras e della tifoseria in generale.
Dopo un
lungo periodo di sbandamento in cui comunque l'Hellas non
viene mai abbandonato ma sempre seguito anche se in modo
non totalmente organizzato, entra in scena nei primi mesi
del 1999 la "Banda Loma" che rivoluziona il tifo
veronese e rompe i gemellaggi con Lecce e Inter e in
questo periodo si arriva alla spaccatura interna con le ex
Brigate.
Nella
stagione 2000-01 dopo la retrocessione del Hellas in Serie
B, si sono risollevati a fatica, dopo una crisi interna
come tutto il movimento Ultras italiano, e nonostante i
molti dissidi interni anche dopo la recente retrocessione
in C1 partendo la passione per questi colori e con un
impostazione più spontanea.
Esponenti
di spicco degli anni d'oro sono rimasti ancora per un
certo periodo in sud a Verona dietro le insegne B.G.,
lanciando di nuovo una moda estetica del tifo
"all'Inglese" di cui si fanno progenitori almeno
in Italia. Tra i gruppi da segnalare anche gli elitari
"Lake Zone", presenti al "Bentegodi"
da anni, provenienti della sponda veneta del Garda, che si
autodefiniscono "gli ultimi dei romantici
Sono scompare le mitiche Brigate Gialloblù, ma non certo
lo spirito che si sono portati dietro per decenni. Il loro
stile britannico, presente sin dalle origini, si
ripresenta nel nuovo look della curva veronese, che
ricalca le sides d'oltremanica, con stendardi a due aste e
"pezze", lanciando una nuova tendenza estetica e
anticipando una modalità spontanea nell'incitamento.
Malgrado
in molti chiedono il ritorno delle BG al timone, questo
non e' accaduto, ma sono tornati esponenti di spicco degli
anni d'oro e si continua ad usare quella dicitura. Ci sono
ancora le correnti, Banda Loma ed ex BG. L'originalità'
degli Hellas Fans non e' quella di una volta, ma c'e'
ancora la voglia di stupire, come in una recente trasferta
a Crotone, quando scesero dai pullman vestiti da sceicchi,
lanciando alla popolazione locale, rotoli di carta-moneta,
ovviamente falsi. Oppure come nel corso di questa
stagione, quando prima dell'incontro interno con la
Cremonese, il vero divertimento fu "il
funerale", organizzato in curva, con tanto di corteo
dietro una croce cantando "Io risorgerò".
Nell'ultima gara contro il Foggia, contestazione al
proprietario Arvedi, con il lancio da parte di tutto lo
stadio, di banconote false, in risposta alle ultime uscite
del presidente.
Tantissime ovviamente le rivalità, alcune che sfociano in
qualcosa che và al di là del semplice tifo, acerrima con
napoletani, nell'ultimo incontro di campionato, ci è
scappata anche una rissa in tribuna stampa al "Bentegodi",
quando una frase insultante di un radiocronista napoletano
fece scoppiare il finimondo, con lo stesso che venne poi
portato a giudizio, condannato giustamente a pagare una
multa, purtroppo di soli 200 Euro.
Non meno
sentita quella con i romanisti, quindi bresciani e
bergamaschi, seguono milanisti, granata, con i vicentini,
mantovani ed udinesi; in generale con tutte le squadre
meridionali. Nell'ultima trasferta di campionato a Foggia,
i circa 250 sostenitori gialloblù sono stati fatti
oggetto di lanci di oggetti, cori razzisti ed altro, che
alla società rossonera, sono costati una bella e
sacrosanta multa.
Con la
nuova gestione della curva nei primi 2000 molte amicizie
sono state riviste, ma resta solido il gemellaggio con i
fiorentini e le amicizie con doriani, laziali, triestini
ed una parte coi Furiosi del Cagliari.
Diverse
le associazioni di clubs e centro coordinamento gialloblù,
a cui fa capo la tifoseria organizzata, che raccoglie
simpatizzanti non solo a Verona città e provincia, ma
anche fuori, con fans anche all'estero, che si ritrovano
in varie associazioni. In questo campionato sono 9.635 gli
abbonati ai gialloblù, uno dei record per la categoria,
mentre le presenze medie nell'impianto veronese si
attestano attorno alle 11.800 unità.

Curva
sud Verona 2006-07
.